giovedì 1 giugno 2017

FARMACI GENERICI E ANTIVIVISEZIONISMO


Noi antivivisezionisti siamo soliti dire che le cose che il singolo cittadino come "consumatore" (non come attivista) può fare per contrastare la vivisezione, o, almeno, non contribuire a sostenerla, sono solo due: scegliere i cosmetici "cruelty-free" ed evitare di dare donazioni alle associazioni per la ricerca medica che li usano per fare ricerca su animali (che sono poi quasi tutte). Su questi due aspetti non mi dilungo, perché è tutto spiegato in due siti specifici:www.consumoconsapevole.org e www.novivisezione.org/campagne/ricerca_di_base.htm.
Riguardo ai farmaci, si invita a non usarli se non necessari e ad utilizzare invece preparati a base vegetale, per i "piccoli malanni"; ma, se si decide di usarli, per qualche malessere più grave, si sa che saranno senz'altro testati su animali. E non si ha possibilità di scelta.
Ebbene... non è più esattamente così, oggi c'è una scelta anche per i farmaci, una scelta molto simile, ma, per molti versi, immensamente più semplice, a quella esistente per i cosmetici. Si tratta dei "farmaci generici".
 

COS'È UN FARMACO GENERICO?

Occorre sapere che i nomi dei vari farmaci sono nomi di fantasia che le ditte produttrici adottano, ma ciascuno di essi è formato essenzialmente da un principio attivo (il resto sono eccipienti) che ha un nome universalmente condiviso. Così, se un certo farmaco si chiama in Italia X, in USA Y e in India Z, il suo principio attivo si chiamerà invece allo stesso modo in tutto il mondo. Ed è quello che identifica realmente un farmaco. Identifica non solo come nome, ma come composizione e quindi, come effetto su chi lo consuma.
Quel che accade è che dopo un certo numero di anni (in Italia, 20) il brevetto su un dato farmaco scade, e chiunque, qualunque produttore, può iniziare a produrre lo stesso farmaco, che si chiamerà "generico". In pratica, la struttura del suo principio attivo o la sua composizione, precedentemente tutelata da brevetto, è ora pubblica, accessibile a tutti, "generica", e tutte le altre industrie farmaceutiche possono riprodurla e commercializzarla dopo averne chiesto a ed ottenuto dal Ministero della Salute l'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC).
Il farmaco generico è uguale identico a quello "di marca": deve avere lo stesso principio attivo, presente alla medesima dose, la stessa forma farmaceutica, la stessa via di somministrazione e le stesse indicazioni terapeutiche.
Per queste sue caratteristiche si dà per scontato che il generico abbia la stessa efficacia e sicurezza di quello che sostituisce. Di conseguenza, la procedura per ottenere l'AIC è abbreviata e richiede solamente prove di bioequivalenza cinetica (riferita cioè al prodotto finito e non solo al principio attivo) alla corrispondente specialità medicinale. Questi test si svolgono solo su persone "volontarie" (in realtà pagate profumatamente, come tuttele cavie umane) sane. Tali test non sono necessari qualora:
  • La domanda di autorizzazione all'immissione in commercio venga presentata dal titolare della specialità medicinale a brevetto scaduto (o da un suo licenziatario);
  • I metodi di fabbricazione siano identici.
  • La via di somministrazione e le specifiche della specialità medicinale rendano le variazioni di composizione quali-quantitative irrilevanti rispetto alla biodisponibilità (es. fiale e.v.).

I generici, a differenza delle specialità medicinali, non hanno un nome di fantasia (marchio registrato) ma sono commercializzati con il nome comune del principio attivo eventualmente seguito dal nome dell'azienda produttrice. Per evitare confusioni, si utilizza la Denominazione Comune Internazionale (DCI) che è un'abbreviazione del nome chimico del principio attivo (di solito troppo lungo).
 

COME INFLUISCE QUESTO SUI TEST SU ANIMALI?

Vale lo stesso principio dello Standard "senza crudeltà" valido per i cosmetici: sappiamo ormai tutti che non è vero che i cosmetici definiti "senza crudeltà" non sono stati testati su animali. I loro ingredienti sono stati testati di sicuro su animali per essere messi in commercio (almeno, per quelli commercializzati dopo il 1976). Però le ditte che li producono si impegnano a non usare più nuovi ingredienti, cioè ingredienti commercializzati DOPO un certo anno (a scelta dlela singola ditta, ad esempio 1992, 1996, ecc.). Il che equivale a non incrementare la vivisezione. Perché ogni ingrediente NUOVO va testato su animali.
Per i generici è lo stesso: un generico, quando viene messo in commercio, NON viene ri-testato su animali. Su questo punto esiste una dichiarazione formale dell'Assogenerici (l'Associazione italiana dei produttori di farmaci generici). Perciò, scegliere di usare un generico, cioè un farmaco VECCHIO oppure un farmaco "di marca", cioè uno NUOVO, fa una differenza enorme: nel primo caso, non incrementiamo la vivisezione (e siamo anche più tranquilli perché se un farmaco è ancora in commercio dopo 20 anni vuol dire che non è così pericoloso per la salute umana), nel secondo caso diamo soldi alle industrie farmaceutiche per aver sviluppato nuovi farmaci testati su animali.
Qui c'è ancora una puntualizzazione importante da fare: quando un farmaco va fuori brevetto, la casa farmaceutica si affretta a produrne un altro che curi lo stesso sintomo, per non perdere quote di mercato. Ma spesso accade che i nuovi farmaci non siano migliori dei precedenti, ma, anzi, siano peggiori, o perché curano meno, o perché hanno più effetti collaterali. Ma non importa, l'importante è avere un farmaco nuovo, sotto brevetto, e più costoso.
Qualche esempio:
Secondo quanto riportato da Clifton Leaf in un articolo apparso nel marzo 2004 sulla rivista "Fortune", uno studio indipendente condotto in Europa ha mostrato su 12 nuovi farmaci antitumorali approvati in Europa tra il 1995 e il 2000 nessuno era migliore in termini di miglioramento della sopravvivenza, della qualità della vita, o della sicurezza, rispetto ai vecchi farmaci rimpiazzati. Ma, dal punto di vista delle aziende farmaceutiche, avevano un grosso vantaggio: un prezzo di vendita molto più elevato delle precedenti. In un caso, sostiene Leaf, il costo era 350 volte quello del farmaco "vecchio".
Leaf sottolinea che i due nuovi farmaci che vanno per la maggiore, Avastin e Erbitux non hanno una reale efficacia. Secondo Leaf, Avastin è riuscito ad allungare la vita di soli 4.7 mesi a 400 pazienti terminali malati di cancro al colon-retto e Erbitux, anche se fa diminuire le dimensioni del tumore, non ha dimostrato di allungare la vita dei pazienti. Eppure, una dose settimanale costa 2400 dollari.
Dati che dimostrano ancora una volta come la ricerca medica venga portata avanti - sia dagli enti no-profit che a maggior ragione dalle aziende farmaceutiche - con il solo scopo del guadagno. Sulla pelle degli animali e dei malati.
(Fonte: Clifton Leaf, Why we're losing the war on cancer. Fortune March 2004;149(6):76-97 - http://www.fortune.com/fortune/articles/0,15114,598425,00.html)


MOLTO PIÙ COMODO E MENO COSTOSO

La scelta del generico al posto del farmaco di marca, dunque, può essere uno strumento veramente efficace da usare per non rimpinguare le casse delle case farmaceutiche e per non "aiutarle" a mettere in commercio farmaci sempre nuovi - e inutili - testati su animali.
La scelta in questo caso è infinitamente più semplice che per i cosmetici, perché, mentre per i cosmetici non esiste un "marchio" che li contraddistingue, ma bisogna munirsi di una lista di aziende "positive" (e sperare che sia quella giusta), per i farmaci è facilissimo: quando andate a comprarne uno in farmacia, potete chiedere al farmacista "Esiste un generico corrispondente?". E lui è tenuto a dirvelo. Anzi: dovrebbe proporvelo lui, per legge.
E facendo così, risparmiate anche dei soldi: i generici costano meno, per legge almeno il 20% in meno del corrispondente farmaco "di marca" ed inoltre sono totalmente coperti dal servizio sanitario nazionale. Dovrebbe funzionare così: il medico vi prescrive un farmaco. Voi andate in farmaci a comprarlo. Il farmacista vi propone il generico (se non lo fa, lo potete chiedere voi). Se voi prendete il generico, non pagate niente. Se volete quello "di marca" pagate la differenza di costo rispetto al generico di tasca vostra.
Al contrario di quanto accade per i cosmetici "cruelty-free", che non sono disponibili tra quelli a basso prezzo venduti nei supermercati, ma vanno cercati in erboristeria o in catene apposite.
 

I GENERICI SI STANNO DIFFONDENDO?

In molti paesi europei, sì. In Germania, il 39% della spesa per i farmaci, è costituita da generici. In Regno Unito il 22%, in Olanda il 13%, in Danimarca il 38%. In Francia e Italia, no, siamo a un misero 2%. Perché? Io credo sia perché qui in Italia siamo più disinformati e paurosi: se siamo abituati a un certo nome, o se il medico ci prescrive quello, vogliamo quello, rifiutiamo il generico, pensando che sia qualcosa di qualità inferiore (dato che costa pure meno).
Ma ovviamente non è così, basta pensarci in maniera razionale per capirlo: il principio attivo è lo stesso, le dosi pure, quindi il farmaco è del tutto identico. E costa meno perché la nuova ditta produttrice non ha dovuto sostenere i costi della ricerca.
Il sistema sanitario nazionale chiaramente sostiene l'uso dei generici perché questo fa diminuire sensibilmente la spesa statale per la salute pubblica.


CONCLUSIONI

In definitiva, dal 2001 le cose che possiamo fare come consumatori per combattere la vivisezione non sono più solo 2, sono 3, e questa nuova possibilità è probabilmente la più efficace, perché in grado di influire in modo molto potente sui guadagni dell'industria farmaceutica. Perciò, se DOVETE comprare un farmaco, chiedete sempre quello generico, e invitate tutti i vostri parenti e conoscenti avidi consumatori di farmaci a fare lo stesso, spiegando loro le ragioni - quelle economiche per prime, se non sono animalisti! 

Fonte: http://www.novivisezione.org/info/generici.htm

RELIGIONI E RISPETTO PER GLI ANIMALI

Più si percorre all'indietro la storia delle religioni e maggiore è il rispetto e la compassione manifestata per ogni essere vivente. Questo sentimento d'amore universale, questa ricchezza morale e spirituale è andata gradualmente affievolendosi, specialmente nei paesi occidentali, a causa della filosofia aristotelica, agostiniana, d'aquiniana, cartesiana ecc. i cui principi antropocentrici se da una parte hanno posto l'uomo al centro della creazione dall'altra lo hanno staccato dalle sue origini naturali causando un progressivo disprezzo per tutto ciò che era ed è dissimile all'uomo. 

EBRAISMO 
Anche se gli ebrei hanno versato più sangue di animali (a scopo alimentare e sacrificale) di qualsiasi altra razza umana (solo Salomone per la sua investitura fece immolare ben 120.000 pecore e 22.000 buoi), le regole relative all'alimentazione riguardano esclusivamente gli alimenti a base di carne. Gli animali consentiti devono essere erbivori e devono avere lo zoccolo fesso. Non è lecito mangiare la carne con il sangue (anche se questo sembra impossibile dal momento che se si può drenare il sangue dalle arterie non è possibile eliminarlo dai capillari).
Tra i vari richiami alla compassione verso gli animali vale ricordare: "Non essere tra quelli che s'inebriano di vino nè tra coloro che sono ghiotti di carne" Pr, 23.30. "Fino a quando sarà in lutto la terra e seccherà tutta l'erba dei campi? Per la malvagità dei suoi abitanti le fiere e gli uccelli periscono" Ger, 12.4. A questo c'è da aggiungere che in molte circostanze Dio si serve degli animali per attuare i suoi programmi di salvezza: l'asina di Balaam, la colomba dell'Arca, il cane di Tobia, la balena di Giona, i leoni di Daniele ecc.
Ma anche se questo aspetto della Legge sia stato ampiamente disatteso dalla dottrina ufficiale, la popolazione israelita ha la più alta percentuale di vegetariani nel mondo, con l'eccezione dell'India. Anche oggi alcuni noti rabbini ed alcuni premi Nobel della cultura ebraica (come Isac B. Singer e Shuel Y. Agnon) sono convinti assertori dell'alimentazione vegetariana. 

ISLAM
Nota è la compassione di Maometto verso la condizione degli animali; significativo è l'episodio in cui preferì tagliarsi un lembo del mantello, piuttosto che svegliare un gatto, sul quale si era addormentato. Il profeta vietò l'uso di uccelli per il tiro al bersaglio. Vedendo alcune persone che tiravano frecce ad un montone ne fu disgustato e disse: "Non usate violenza agli animali selvatici".
In quel tempo in cui l'incesto tra madre e figlio era consuetudine e la gente usava tagliare carne da animali vivi, come la gobba e la coda ai cammelli, anche se il profeta preferiva cibi vegetariani per la popolazione permise l'alimentazione carnea, cercando di adottare la tecnica del graduale distacco seguita nell'Antico Testamento. Comunque, a coloro che avessero mangiato carne comandava di lavarsi la bocca prima di mettersi a pregare.
In una tradizione Sufi Allah disse a Maometto: "Se proprio dovete uccidere, al posto di 40 polli uccidete una capra, al posto di 40 capre uccidete 10 mucche, al posto di 40 mucche uccidete 10 cammelli". Evidente è il valore attribuito alla vita indipendentemente dalla forma e dalla dimensione corporea della creatura.
Per il profeta infatti gli animali hanno un'anima: parlando del Giudizio egli li cita sovente. Secondo Maometto gli animali non sono nostri schiavi ma creature che Dio ci ha affidato e delle quali ci chiederà conto nel giorno del Giudizio. Alcuni discepoli gli chiesero se esistesse una ricompensa per chi fa del bene agli animali: "Esiste una ricompensa per chi fa del bene a qualunque essere vivente" rispose.
Alcune sette islamiche, come gli Sciiti ed i Sufi, tengono in alta considerazione il vegetarismo come regola di vita. Una santa sufi, quando si isolava in una foresta a pregare molti animali le si facevano intorno. Un giorno andò a trovarla un altro sufi ma gli animali scapparono e questi chiese alla santa il motivo. "Che cosa hai mangiato oggi?" gli chiese: "Aglio fritto e lardo" rispose. "Ti mangi il loro corpo e vuoi che non scappino?" Altrettanto nota è la storia del cacciatore che scopre la pietà dall'uccisione di una cerva che allattava il suo cucciolo.
In ogni caso il Corano continuamente richiama alla compassione e alla misericordia per gli animali. 

BUDDISMO
Su due principi fondamentali si fonda la filosofia buddista, la saggezza e la compassione. Per il raggiungimento dell'una e dell'altra è indispensabile essere vegetariani.
Il primo dei precetti buddisti recita: "Non uccidere, anzi tutela ogni forma di vita". L'unico testo ritenuto scritto di proprio pugno dal Buddha dice: "Le creature senza piedi hanno il mio amore, e così lo hanno quelle a due piedi e anche quelle a molti piedi. Possano tutte le creature, tutte le cose che hanno vita, tutti gli esseri di qualunque specie, non avere mai nulla che possa danneggiarle. Possa non accadere loro mai nulla di male". Infatti la filosofia del Buddha mirava all'estinzione della sofferenza di tutti gli esseri viventi.
Dopo la morte del Buddha i discepoli incominciarono a dare maggiore importanza all'intenzione più che all'azione. I monaci accettarono di mangiare carne a condizione che l'animale non fosse stato ucciso per loro. 
Il vegetarismo era ritenuto da Buddha una pratica essenziale per il risveglio spirituale dell'individuo. Nella sua lungimiranza profetica disse: "Ci saranno sciocchi che in futuro diranno che io ho dato il permesso di mangiare carne e che io stesso ne ho mangiata, ma io non ho permesso a nessuno di mangiare carne, non lo permetto ora e non lo permetterò in alcuna forma, in alcun modo ed in nessun luogo; è incondizionatamente proibito a tutti".
Uno dei compiti principali della missione del Buddha era proprio la liberazione degli animali dalla violenza umana.
Gosvami, famoso maestro spirituale del XII sec. nella sua Gita Govinda, in omaggio alle 10 principali incarnazioni di Dio dice: "O mio Signore, o Persona Suprema. Tutte le glorie a Te. Per la tua grande compassione sei apparso nella forma di Buddha per condannare i sacrifici di animali raccomandati dai Veda". 
Oggi della grande famiglia buddista solo i monaci Zen hanno mantenuto inalterata la loro originale tradizione di vegetariani.
In Cina ed in Giappone, dove fin dai tempi più antichi esistevano dei veri e propri codici di corretta alimentazione vegetariana, il consumo di carne, che era considerato negativo e quindi bandito, cessò del tutto intorno al 58 sec. d.C. 
Nei templi e nei monasteri si diffuse l'abitudine di non mangiare alcun tipo di carne. Certi cibi, specialmente la carne di maiale, si diceva rendessero il respiro sgradevole agli antenati. Secondo la tradizione Shinto per ottenere la verità suprema era essenziale consumare cibi puri, cioè vegetariani.

INDUISMO
L'induismo oltre ad essere la più antica delle religioni asiatiche è anche il più forte sostenitore del vegetarismo.
I testi Vedici, scritti in sanscrito circa 3000 anni a.C., contengono migliaia di ingiunzioni contro il consumo della carne. Un maestro Veda così diceva al suo re: "Se una persona mangia carne umana, di cavallo o di altri animali, o priva gli altri del latte uccidendo le mucche, o re, se tale essere malvagio non desiste con altri mezzi, allora non devi esitare a tagliargli la testa" (R. Veda 10.87.16).
E ancora: "Non dovete usare il corpo che vi è stato dato per uccidere le creature di Dio, siano esse umane, animali o di qualsiasi altra specie" (Yajur Veda 12.32).
Diretti richiami in tal senso vengono da altri maestri.
"Le anime nobili, che sono attente a tutti gli esseri e che proteggono tutti gli animali, sono quelle che veramente hanno intenzioni serie verso le pratiche spirituali" (Atarva Veda 19.48.5).
"Si diventa degni della salvezza quando non si uccide alcun essere vivente" (Manusmriti,6.60).
Nell'Iduismo particolarmente sentita è la legge dei karma. "Coloro che ignorano il vero Dharma e, pur essendo ignoranti e malvagi, si ritengono virtuosi uccidendo gli animali senza alcun rimorso o timore di essere puniti, in seguito, nelle loro vite future, questi peccatori saranno mangiati dalle stesse creature che hanno ucciso in questo mondo" (Srimad Bhagavatam 11.5.14).
"O governatore del popolo, mio caro re, osserva nel cielo gli animali che hai immolato, senza compassione e senza misericordia, nell'arena sacrificale. Tutti questi animali stanno aspettando la tua morte per vendicarsi delle loro ferite. Quando sarai morto ti squarceranno il corpo con corna di ferro e mangeranno la tua carne" (Srimad Bhagavatam 4.25.7).
Nei testi antichi della tradizione vedica la licenza di mangiare la carne delle vittime sacrificale era accompagnata dalla frase: "Così come ora io mangio te nella prossima vita tu mangerai me".
In seguito l'alimentazione vegetariana divenne sempre meno comune soprattutto a causa delle dominazioni straniere. Tuttavia ancora oggi l'83% della popolazione indiana è induista e nella stragrande maggioranza è vegetariana. I cibi impuri impediscono l'ascesi spirituale: la carne degli animali uccisi è considerata come la carne dei propri figli e colui che ne mangia è reputato il peggiore degli uomini. La violenza sugli animali è infatti ritenuta la causa della violenza dell'uomo verso il suo simile.
I Veda riconoscono l'anima ad ogni creatura dotata della stessa dignità umana, e la stessa possibilità di raggiungere alti livelli di spiritualità: indipendente dal corpo in cui risiede l'anima, dal momento che tutti gli esseri viventi sono spiritualmente uguali. In quell'ottica i Veda descrivono le varie incarnazioni di Dio in forme non umane: il cavallo, il cinghiale, la tartaruga, il pesce. Uccidere questi animali significa rendersi colpevoli verso Dio.
I Veda non condannano soltanto coloro che mangiano la carne, ma chi uccide l'animale, chi vi partecipa, chi compra la carne, chi la prepara e chi la serve. Solo rispettando tutte le forme di vita si può rispettare lo spirito che le contiene e l'uomo può raggiungere la vera spiritualità e la vera saggezza.
L'Ahimsa (il principio della nonviolenza verso tutti gli esseri viventi che ha appunto la sua origine nei Veda) è tutt'oggi un aspetto centrale di tutte le religioni orientali e ispiratrice delle grandi iniziative di pace da Gandhi a M.L. King.
Il principio comune a tutte le grandi dottrine religiose e filosofiche "Non fare ad altri ciò che non vorresti ti fosse fatto" non può prescindere dall'alimentazione vegetariana, pena il subire le conseguenze del male causato secondo la legge del karma.
La 3a legge di Newton "Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria" estende i suoi effetti dalla materia all'energia vitale che la pervade, portando alla logica conseguenza che l'uomo non paga solo per il male commesso verso quelli della sua stessa specie ma anche verso ogni creatura in grado di soffrire.

* L'Ahimsa è il principio fondamentale del Jainismo al quale i fedeli sono rimasti pienamente conformi per tutta la loro storia.
Il Jainismo, originato da Mahavira nel 600 a.C. circa, oggi conta 4 milioni di fedeli, tutti strettamente vegetariani. Famosi per i loro ospedali per animali e perché più rigorosi dei buddisti nell'applicazione dell'Ahimsa, usano portare bende davanti alla bocca per evitare di ingerire moscerini. 


ZOROASTRISMO 
Zaratustra era un fervente sostenitore dell'alimentazione vegetariana. Condannò i sacrifici di animali ed i banchetti cruenti: "Chi ha cura del suo bestiame e non si nutre delle sue carni martoriate avrà lo spirito santo e la verità". E ancora: "Colui che uccide un cane uccide la propria anima".
Oggi i Parsi (i seguaci di Zaratustra) che vivono in India, sono per la maggioranza vegetariani. 

Franco Libero Manco
Estratto da Biocentrismo, l'alba della nuova civiltà umana